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I malati di demenza e il tabù di parlare della perdita di abilità

Dal quotidiano “Alto Adige” del 17/03/2022

Ulrich Seitz, presidente della casa di riposo “Pilsenhof” di Terlano e presidente dell’Associazione Alzheimer dell’Alto Adige, traccia un bilancio molto contrastato per quanto riguarda la gestione dei malati di demenza. Soprattutto gli ultimi due anni di pandemia ci hanno mostrato a Terlano che ogni demenza è completamente individuale. La chiusura della nostra casa come prima struttura in Provincia nel mese di marzo 2020, a causa del rilevamento del paziente Covid O in Alto Adige, ha rivelato attraverso lo stato di emergenza nelle professioni infermieristiche che i segnali di allarme nei pazienti sono trascurati o negati ancora più spesso di prima.

Questa è anche l’esperienza di coloro che forniscono servizi di assistenza a domicilio. Quasi il 90% dei malati di Alzheimer nel nostro bacino di utenza sono stati assistiti per anni in un contesto familiare. Soprattutto prima del marzo 2020, era spesso molto difficile determinare chiaramente se questo è meglio o peggio che essere messi in una casa di riposo, dice Seitz. Quello che vediamo continuamente a Terlano e altrove, specialmente nelle zone rurali, è che i parenti soffrono della coscienza pesante e soprattutto vivono una situazione con la sensazione di deportare i loro cari. Ma l’assistenza fino al completo sacrificio di sé non giova a nessuno, al contrario. Il mio desiderio, dice il presidente della “Pilsenhof”, è che non appena sarà possibile di nuovo dopo l’emergenza, si riprenda la questione delle persone sole con i loro bisogni. Abbiamo bisogno di tavoli da pranzo, attività per le persone in modo che non perdano la loro completa connessione con la società.

E sì, questo accade non solo nella città anonima, ma anche nei paesi.  In tempi di “lockdown”, le persone sole erano quelle che soffrivano di più. Soprattutto nella periferia, deve essere possibile alleviare il peso dei parenti in modo molto più mirato, perché anche loro si sentono abbandonati. Dopo la pandemia e la perdita di innumerevoli volontari che erano “in servizio” nelle varie case del paese, dovremo lavorare su una nuova rete a maglie strette per far conoscere i servizi e le consulenze esistenti che non erano conosciuti. La struttura di Terlano dovrebbe diventare una sorta di “punto di contatto” per i badanti nel proprio territorio, per esempio, per ottenere consigli a domicilio dal nostro competente personale interno. Qui affrontiamo l’incubo del “ritorno a casa dall’ospedale dopo una frattura del femore” così come la stitichezza, la difficoltà a deglutire o la depressione. In questo senso, il “Pilsenhof” ha già iniziato ad aprire la casa a professionisti del settore medico e non medico, che ora possono, per la maggior parte, affrontare le preoccupazioni dei malati cronici con l’attenzione necessaria, senza lo stress quotidiano della clinica.