Cari soci,

a seguito di varie richieste che ci sono pervenute, in accordo con l’Azienda Sanitaria della Provincia Autonoma di Bolzano consigliamo ai nostri soci con famiglie di rispettare le seguenti regole:

–  lavarsi spesso le mani

tenere minimo 1 metro di distanza dalle persone

non frequentare luoghi affollati (mezzi pubblici, chiesa, teatro, cinema, conferenze ecc.) ed evitare affollamenti

Inoltre troverete in allegato le 10 regole definite dal Ministero della Salute.

decalogo da scaricare

In questo momento non esiste un pericolo imminente! Se arrivano nuove disposizioni da parte del Governo, saremo informati!

Tanti saluti dal direttivo!

Articolo sul giornale Alto Adige, martedì 10 febbraio 2019

Come prendersi cura del malato di demenza

Nella foto dalla sinistra alla destra Relatrice Laura Turati, Presidente CEDCOS Franco Gaggia, Corsista Antonella Diano, Relatrice Nicoletta Ferrari, Corsista Christa Frizzi, Presidente ASAA Ulrich Seitz

In Italia gli anziani affetti da demenza sono 1 milione e 241 mila, e 70 mila i nuovi casi l’anno. Secondo i dati, l’incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni. I costi di questa emergenza sanitaria e sociale, che già superano in Italia i 37 miliardi di euro l’anno, con il tempo diventeranno insostenibili. Sia per lo Stato, sia per chi ha un malato in casa. In Alto Adige si stimano attualmente 13 000 persone, affette da demenza. Non avendo un osservatorio nella Provincia Autonoma di Bolzano, sarà cura dell’Associazione Alzheimer Alto Adige di muoversi a livello nazionale ed implementare con le proprie forze, accompagnato da un comitato scientifico specifico e formato in materia, una piattaforma con delle rilevazioni corretti annuali, dedicate all’uopo.

L’Assistenza domiciliare è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “la possibilità di fornire presso il domicilio del paziente quei servizi e quegli strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, salute e funzione”.

Il servizio di assistenza domiciliare persegue prioritariamente l’obiettivo di mantenere il più possibile le persone non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti nel proprio ambiente domestico, in accordo con le scelte delle persone e/o dei familiari di riferimento, valorizzando le risorse, le capacità e l’individualità delle persone nell’ambito di un progetto individualizzato di vita e di cure che privilegia anche, ove possibile, il mantenimento delle relazioni e la partecipazione alle attività sociali della comunità di riferimento. Uno dei fattori emersi dalle analisi effettuate, in questi anni, sulla popolazione esaminata assistita è la grave carenza, quando non la totale mancanza di strutture a copertura ambulatoriale o emergenziale. Questo comporta per molte famiglie la necessità di essere gli unici sostegni al proprio familiare senza supporti strutturati nel breve (emergenze) o nel lungo tempo. Va oltremodo evitato l’approccio al malato nei soli termini di salute/malattia che sono estremamente riduttivi se non fuorvianti; occorre invece avere una visione multidimensionale della Persona stessa e dirigere gli interventi verso il mantenimento, il recupero o la scoperta delle potenzialità ancora presenti, se non del tutto inespresse.

Numerose ricerche italiane ed internazionali in campo psicosociale evidenziano che l’assistenza ai pazienti può provocare gravi disturbi fisici e mentali sia agli operatori che ai familiari. Queste ricerche mostrano, ad esempio, che chi convive con il malato è più riluttante a chiedere aiuto, ma che ha anche più probabilità di essere depresso rispetto ai familiari che non convivono con il paziente, tanto che i familiari conviventi sono stati definiti “le vittime nascoste della demenza” (Tamanza, 1998).Tra l’altro, chi presta assistenza al malato è di solito il coniuge, anche lui anziano, o un suo figlio, più spesso una figlia, a sua volta in un’età particolare: quella involutiva del climaterio, che molti studi evidenziano come la più a rischio per la depressione, a sua volta ritenuta da più parti un fattore di rischio della demenza. Queste osservazioni confermano che è necessario sviluppare strategie preventive a salvaguardia dei familiari e quindi a beneficio delle persone malate da loro assistite, ricorda Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA.

Ma c’è un secondo motivo, non meno importante, per cui vale la pena di occuparsi dei familiari: essi sono testimoni privilegiati della storia del paziente, ed hanno intrattenuto ed intrattengono con lui, per lo più inconsapevolmente, una relazione di ruolo (il termine “ruolo” si riferisce qui ad un modello di reazione psicosociale e di comportamento atteso o desiderato), da sempre caratterizzata da rispondenze reciproche. Queste “conoscenze”, se esplicitate e rese utilizzabili, non solo possono essere di aiuto ai familiari per padroneggiare meglio la loro difficile situazione, ma possono fornire interessanti ipotesi di ricerca per comprendere la soggettività dell’anziano demente ed il funzionamento del suo apparato psichico. Pertanto si verifica l‘assoluta necessità di investire nella formazione dei familiari, sottolinea Ulrich Seitz,

La terza edizione del corso di qualificazione alle attività di compagnia in favore delle persone affette da demenza è partito a Bolzano con grande successo pochi giorni fa. Il corso in oggetto organizzato in stretta collaborazione tra l’Associazione Alzheimer Alto Adige e CEDCOS, è stato pensato per rispondere ai bisogni dei familiari, e per fornire indicazioni semplici e pratiche per la cura quotidiana del malato di Alzheimer: come comportarsi, cosa fare, dove andare, quando e a chi rivolgersi, i diritti. L’esperienza indica infatti che tra la manifestazione dei primi sintomi di demenza e la diagnosi passano mediamente 2 anni e questa lunga fase di malattia grava completamente sulla famiglia. Ma anche dopo la diagnosi la maggior parte dell’impegno di cura e assistenza ricade sulla famiglia che può contare sull’affiancamento del medico di famiglia, i servizi di cure domiciliari, i centri diurni integrati per anziani o le residenze sanitario assistenziali per anziani.

Siamo certi che questa guida saprà esservi utile sia per il lavoro di cura che svolgete in casa sia per orientarvi verso il miglior utilizzo dei servizi disponibili.

Il progetto prevede l’addestramento dei partecipanti. I corsisti trovano ampio materiale di approfondimento dei contenuti discussi in aula, come  sulle tecniche di mobilizzazione, alimentazione, igiene dell’anziano, questioni infermieristiche, sul supporto psciologico e in merito agli aspetti legali. Al termine del corso – prosegue Seitz – il caregiver conoscerà la rete dei Servizi Socio-Sanitari e sarà capace di accedere alle risorse territoriali, saprà identificare i bisogni e le problematiche fisiche, psicologiche, assistenziali e curative del paziente, grazie a conoscenze generali di educazione alimentare, abilità per la cura, l’igiene e il miglioramento dell’ambiente abitativo per favorire indipendenza, sicurezza e qualità di vita dell’anziano».

la cosiddetta terza fase è caratterizzata da una completa dipendenza dagli altri. Le funzioni intellettive sono gravemente compromesse; compaiono difficoltà nel camminare, rigidità degli arti, incontinenza sfinterica; possono verificarsi crisi epilettiche; le espressioni verbali sono ridotte a ripetizioni di parole dette da altri, o ripetizione continua di suoni o gemiti, o addirittura mutismo. Possono manifestarsi comportamenti “infantili”, come portare ogni cosa alla bocca o afferrare qualunque oggetto sia a portata di mano. Spesso il malato si riduce all’immobilità, e la continua costrizione al letto può fare insorgere piaghe da decubito, infezioni respiratorie, urinarie, sistemiche, oltre che contratture muscolari.

Lungo tutto il decorso della malattia, ma soprattutto nelle prime due fasi, sono presenti anche sintomi cosiddetti “non cognitivi”, in varia misura e di diversa gravità: agitazione, irrequietezza, aggressività, ansia, depressione, disinibizione sessuale, apatia, disturbi del sonno; inoltre possono manifestarsi alterazioni del comportamento alimentare (bulimia o anoressia) e disturbi del cammino (aumento patologico dell’attività motoria). Il decorso della malattia è molto influenzato dallo “stile di cura”, sia formale (personale) sia informale (i famigliari). La durata della fase ultima della malattia dipende in maniera drammatica dal “nursing” (igiene, alimentazione, idratazione), potendo durare anche molti anni.

Seitz conclude: “purtroppo l‘Alto Adige è ancora dopo anni senza piano provinciale delle demenze.  Per questi pazienti mancano spessp risorse e servizi di cura e assistenza adeguati. A rischio la salute psico-fisica dei familiari che li accudiscono“


Grande gioia:
ASAA per la prima volta nella rete delle associazioni per l’Alzheimer di lingua tedesca rappresentata dalla vicepresidente Edith Moroder.