Da “L’Alto Adige”

Tanti sorrisi e enorme soddisfazione sia per i partecipanti, sia per gli organizzatori del terzo corso di approfondimento per rafforzare la relazione tra chi assiste e persone, affetta da demenza. L’iniziativa, in stretta collaborazione tra l’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA e l’istituto formativo CEDOCS, che ha contribuito con importanti aiuti nell’organizzazione dei vari moduli di 60 ore, è stata interrotta a causa della pandemia del Corona-Virus, ma fortunatamente portata a termine in questi giorni.
Si tratta di un corso per familiari e badanti per imparare a prendersi cura di persone con demenza, ricorda Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA.

Seitz inoltre ribadisce che il corso potrebbe anche intitolarsi “Familiari e badanti formati, famiglie più sicure”

Le giornate dedicate alla formazione, sono state divise per specifici argomenti: riferimenti giuridici,  patologie dell’anziano e demenza,  lavoro di cura e assistenza in casa, tecniche di mobilizzazione, l’alimentazione dell’anziano, primo soccorso,  supporti all’invalidità,  problematiche psicologiche e del caregiver.

Un impegno molto difficile:  Un lavoro non facile, quello dell’assistenza a domicilio, e che spesso, „soprattutto nella fase terminale della malattia”, comporta per gli interessati di trovarsi a dover affrontare una serie di problematiche difficili, „commettendo errori che fanno male al paziente ma anche se stessi, anche a livello umano“. E non si può non considerare, che spesso questo viene svolto da persone alla prima esperienza, quindi senza nessuna competenza. Invece il lavoro di assistenza è fondamentale, sia per fare stare meglio il malato che per risparmiare l’uso e il consumo di farmaci, per la riduzione dell’accesso al pronto soccorso e, inoltre, per un ritardo dell’istituzionalizzazione. Scopo delle nostre iniziative per la popolazione è, quindi, quello di dare alcune informazioni indispensabili per migliorare la qualità della vita dei pazienti e anche di chi vive accanto a loro.

Alcuni dei corsisti del Corso per familiari e badanti e Ulrich Seitz, Presidente ASAA (penultimo alla destra)

E le adesioni non mancano: siamo “stati sollecitati anche dagli stessi badanti”, spiega Seitz, a istituire ulteriori corsi e, contrariamente a quanto si può pensare, le adesioni riguardano metà stranieri e metà altoatestini. Spesso i lavoratori stessi si rendono conto delle loro carenze o hanno avuto delle esperienze di lavoro complicate, perché lavorare con persone affette da demenza è piuttosto complicato, soprattutto all’inizio.  I riscontri positivi arrivati dai partecipanti ai corsi precedenti, che  ci hanno dato la spinta a proseguire.

I familiari che assistono i malati hanno esigenze e desideri specifici; sono loro i veri esperti dei loro bisogni. Devono essere rispettati e i servizi devono essere vari e flessibili per tener conto delle differenti situazioni individuali. I servizi devono anche considerare che i bisogni cambiano con il progredire della malattia. Le associazioni Alzheimer sono in una posizione privilegiata per fornire auto ai familiari e per fare pressione sui politici affinché siano colmate le lacune nei servizi pubblici di assistenza. La ricerca in questo campo è una componente chiave per contribuire a mantenere al miglior livello possibile la vita del malato e di chi lo assiste, sottolinea l’Associazione Alzheimer Alto Adige.

Abbiamo tanti cantieri aperti nella nostra Provincia: “I tempi di attesa per visite specialistiche necessarie sono alle stelle”. Sono migliaia di persone con disturbi, collegabili ad una forma di demenza, che allo stato attuale sono in attesa per visite specialistiche nei nostri ospedali altoatesini (si tratta ad esempio di cittadini in lista per esami/controlli in Geriatria, Neurologia, Riabilitazione fisica, Servizio Psicologico, Medicina ecc). Si tratta di un dato allarmante e molto preoccupante, anche perché tanti interessati si sono prenotati mesi fa con delle impegnative, probabilmente non più aggiornate, e con piani terapeutici, sicuramente da rivedere, spiega Ulrich Seitz.

Tornando alla situazione di partenza: il Calvario parte quando ad un soggetto viene diagnostico l’Alzheimer lo conoscono bene le famiglie che hanno un familiare ammalato. Con storie e sofferenze psichiche che spesso annientano il coniuge o i figli che se ne prendono cura prima ancora che a cedere sia il paziente. La situazione nella nostra Provincia è carente per strutture (solo pochi posti disponibili nei centri diurni di tutto l’Alto Adige e lunghe attese per i ricoveri in Rsa) e per tempi. Con una situazione a macchia di leopardo in termini di efficienza dei servizi. Ci sono casi in cui bisogna attendere fra quattro e sei mesi per avere la diagnosi dall’Unità di valutazione Alzheimer e picchi che arrivano a due due anni per la valutazione da parte dell’Unità di valutazione geriatrica, quella che dovrebbe poi assicurare sostegno con servizi che si rivelano preziosissimi per le famiglie. E poi manca un piano provinciale alla demenza, che ci è stato promesso dall’anno 2016.

In molti casi, quando la situazione appare non più gestibile, anche il malato di Alzheimer arriva in pronto soccorso, il luogo meno adatto sia per potenzialtà di intervento sanitario sia per costi.

“Ai familiari – chiariscono i collaboratori ASAA –  viene chiesto un doppio sforzo: seguire e gestire il proprio caro in tutti i compiti e le attività quotidiane, cercando di stimolarlo e rinforzarlo senza però sostituirsi troppo a lui e allo stesso tempo sostenerne anche il mondo emotivo, affettivo e relazionale.