„Cannabis medicinale nel trattamento di Alzheimer e Parkinson“

(on-line il 12/12/20) v.programma 

Da molti anni, nel trattamento delle malattie neuronali, viene sperimentato anche il cannabidiolo terapeutico (CBD).
Questo estratto della pianta non è psicoattivo, ma può esercitare effetti calmanti sul sistema nervoso centrale, lenire dolori e stati ansiosi; in più ha anche potenziale antinfiammatorio. 

La videoconferenza vuole informare sullo stato attuale della scienza in merito. 

scarica il programma

 

Gentile dottoressa Moroder,

innanzitutto desidero ringraziarla per l’interesse che l’ASAA – Alzheimer Südtirol Alto Adige ha mostrato nei confronti della nostra Guida al linguaggio.

Si tratta di un documento al quale teniamo in particolar modo perché riteniamo rappresenti il punto di partenza del lavoro quotidiano che ci accomuna, ovvero la valorizzazione e l’inclusione delle persone con demenza.

Come ha potuto notare la guida, pubblicata nel marzo 2019, è rivolta a organizzazioni, giornalisti, medici, associazioni di volontariato e a tutti coloro che si confrontano quotidianamente con questa tematica, ed è un adattamento italiano di quanto emerso da gruppi di lavoro e associazioni internazionali.
Anche noi, come voi, sappiamo bene quanto le parole abbiano un impatto significativo su come le persone con demenza sono viste e trattate nella loro comunità ed è stata questa la motivazione che ci ha portato a realizzare e diffondere in Italia la Guida. Dal 2016 siamo infatti impegnati anche nella realizzazione sul territorio italiano del progetto “Comunità Amiche delle Persone con Demenza”, che propone prima di ogni iniziativa, l’uso di un linguaggio adeguato, che sia specchio della volontà di rispettare e non isolare le persone con demenza.

Sono quindi lieta che la Guida in italiano, per poter raggiungere quante più persone possibili, sia messa a disposizione sul vostro sito, molto interessante, con le modalità che lei indica e mi auguro che questo possa rappresentare un primo passo verso una proficua collaborazione tra l’ASAA e la Federazione Alzheimer Italia.

Augurandole buon lavoro, le porgo i miei più cordiali saluti.
Gabriella Salvini Porro
Presidente Federazione Alzheimer Italia

Alzheimer, cinquemila pazienti in attesa di visite specialistiche

da Alto Adige 20/09/2020

La Giornata Internazionale. A causa del Covid. Seitz (Asaa): «Le famiglie tempestano di telefonate il nostro numero verde per sapere cosa devono fare. C’è chi ha in mano impegnative di dicembre e noi non abbiamo risposte. Vanno aiutati»

Bolzano. «oggi sono circa 5 mila – a giugno erano 4 mila – le persone con disturbi collegabili ad una forma di demenza in attesa da mesi (in media 10) di visite specialistiche. le famiglie tempestano di telefonate il nostro numero verde per sapere cosa devono fare. c’è chi ha in mano impegnative di dicembre… e non abbiamo risposte. vanno ricontattati ed aiutati. perchè non accade?».

Ulrich seitz – presidente associazione alzheimer alto adige – in occasione della giornata internazionale della patologia che cade domani dice che il covid ha peggiorato una situazione già al limite: «le attese purtroppo si sono allungate. in alto adige si stimano attualmente 13 mila persone affette da demenza. ed abbiamo malati che sommano ad alzheimer problemi cardiologici, gastrointestinali, sclerosi, parkinson ecc. c’è chi deve affrontare questioni neurologiche e riabilitative complesse, chi ha bisogno del geriatra, dello psichiatra. tutti da mesi sono in attesa di essere visitati dallo specialista… va da sè che vedano peggiorare le loro condizioni. succede così che a patologia si sommi patologia e non se ne esca». seitz dice di capire i ritardi provocati dal blocco covid «ma i mesi sono passati e dovremmo iniziare a vedere la luce! segnalo ritardi anche con il piano farmacologico. se un malato peggiora, i medicinali vanno ricalibrati in tempi brevi». e la pandemia – continua il presidente – sta rallentando anche il lavoro dei team di valutazione con troppi casi ancora aperti per l’assegno di cura. «ci sono famiglie che hanno presentato domanda di non autosufficienza a febbraio/marzo e che non hanno ancora ottenuto risposta. non va». destano forte preoccupazione anche i pazienti precoci tra i 45 e 65 anni che andrebbero seguiti da subito per rallentare – ove possibile – il peggioramento della malattia. «l’ho detto e lo ripeto. proviamo ad usare al meglio la neuroriabilitazione dell’ospedale di vipiteno. tutti i malati di alzheimer vanno aiutati con la logopedia, l’ergoterapia, vanno sostenuti con la terapia per la deglutizione perchè quando i riflessi diventano anomali ed i muscoli si fanno rigidi si fatica anche a mangiare giù il cibo. insomma dovremmo fare sempre di più e ma invece di aggiungere ho l’impressione che si avanzi per sottrazione». la sintesi è una sola. «sta male il malato e tutta la famiglia. i sentimenti di frustrazione, inadeguatezza, sconforto e abbandono rischiano di prendere il sopravvento. ed attenzione perchè alla lunga il paziente che dipende totalmente dal “suo familiare” rischia di sfinirlo. così oltre a rischiare situazioni ingestibili la sanità rischia di affrontare spese sempre più importanti. concludo ricordando che dal 2016 siamo in attesa del piano per le demenze».

di Valeria Frangipane

 

Un grande ringraziamento a Carmela Marsimilio di Greenwich su RAI, Radio Uno per l’incontro in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer

Comunicato stampa dell’Associazione Alzheimer Alto Adige in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer 2020

 

Ulrich Seitz – Presidente ASAA

Il 21 settembre si celebra la “Giornata mondiale dell’Alzheimer”, una malattia devastante, non nuova, ma certamente in forte aumento in questi ultimi decenni.
Colpisce trasversalmente sia l’uomo semplice, non colto, che l’intellettuale o l’attore famoso o il politico di spessore.
Quali le cause? Quali i rimedi? Sono domande alle quali è difficile rispondere. Nonostante i progressi mirabolanti della Medicina e anche della Psichiatria, il traguardo finale – cioè quello di sconfiggerla –  sembra ancora lontano. Intanto dalla ricerca, ormai in fase molto avanzata, sembra che sia una malattia più neurologica che psichiatrica, nel senso che le sofisticate indagini strumentali in uso in questi ultimi anni hanno evidenziato alterazioni organiche in alcune zone del cervello, dove vengono immagazzinati i ricordi.
Un’altra cosa è anche certa: bisogna stimolare l’iniziativa, l’attività delle persone che ne siano state colpite, cercando – per quanto possibile – di non allontanarle dalla loro casa, dai loro affetti, dalle loro abitudini, dalle loro relazioni familiari ed extra-familiari.

Disturbi comportamentali in aumento del 60% nei pazienti che già li accusavano. Più un 25% di nuovi casi a livello nazionale. Tutto questo durante il lockdown. “Irritabilità, ansia, vagabondaggio, apatia, disturbi del sonno, deliri e allucinazioni: di tutto” – spiegano esperti nazionali in campo. “Uno studio appena uscito in una autorevole rivista scientifica e realizzato da ottantasette centri italiani per i disturbi cognitivi, tra i quali il nostro, ha campionato 5000 persone in Italia. Si riconosce esistere una stretta correlazione tra il confinamento dentro le mura domestiche imposto nel lockdown e l’insorgenza di disturbi comportamentali”.

 

Ulrich Seitz e Helga Rohra, traduttrice e scrittrice germanica, che in occasione di un reportage della RAI Südtirol tedesca al Filmclub di Bolzano, sulla situazione dei pazienti dementi, ha raccontato il suo destino, cominciato con la diagnosi demenza a 54 anni di età. Questa serata con dibattito è stata organizzata il 16.09.2020, per parlare della demenza e gli aiuti necessari per i familiari. La relatrice, adesso si trova in una situazione molto avanzata, ha perso per mesi il linguaggio (non riusciva più a parlare), ha ripreso comunque con tanta voglia di recupero e riabilitazione, anche di logopedia ed ergoterapia. Questo dimostra quanto sia indispensabile coinvolgere un team multidisciplinare nell’assistenza di malati di demenza, soprattutto se sono giovani.

 

La demenza e l’Alzheimer rappresentano oggi anche in Alto Adige un’epidemia silente che preoccupa i servizi socio-sanitari, affatica le famiglie e crea, nel nostro territorio, un numero importante di persone che convivono con questa malattia.
In Italia gli anziani affetti da demenza sono 1 milione e 241 mila, e 70 mila i nuovi casi l’anno. Secondo i dati, l’incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni. I costi di questa emergenza sanitaria e sociale, che già superano in Italia i 37 miliardi di euro l’anno, con il tempo diventeranno insostenibili. Sia per lo Stato, sia per chi ha un malato in casa. In Alto Adige si stimano attualmente 13 000 persone, affette da demenza. Non avendo un osservatorio nella Provincia Autonoma di Bolzano, sarà cura dell’Associazione Alzheimer Alto Adige di muoversi a livello nazionale ed implementare con le proprie forze, accompagnato da un comitato scientifico specifico e formato in materia, una piattaforma con delle rilevazioni corretti annuali, dedicate all’uopo.
Numerose ricerche italiane ed internazionali in campo psicosociale evidenziano che l’assistenza ai pazienti può provocare gravi disturbi fisici e mentali sia agli operatori che ai familiari. Queste ricerche mostrano, ad esempio, che chi convive con il malato è più riluttante a chiedere aiuto, ma che ha anche più probabilità di essere depresso rispetto ai familiari che non convivono con il paziente, tanto che i familiari conviventi sono stati definiti “le vittime nascoste della demenza”. Tra l’altro, chi presta assistenza al malato è di solito il coniuge, anche lui anziano, o un suo figlio, più spesso una figlia, a sua volta in un’età particolare: quella involutiva del climaterio, che molti studi evidenziano come la più a rischio per la depressione, a sua volta ritenuta da più parti un fattore di rischio della demenza. Queste osservazioni confermano che è necessario sviluppare strategie preventive a salvaguardia dei familiari e quindi a beneficio delle persone malate da loro assistite, ricorda Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA.

Ma c’è un secondo motivo, non meno importante, per cui vale la pena di occuparsi dei familiari: essi sono testimoni privilegiati della storia del paziente, ed hanno intrattenuto ed intrattengono con lui, per lo più inconsapevolmente, una relazione di ruolo (il termine “ruolo” si riferisce qui ad un modello di reazione psicosociale e di comportamento atteso o desiderato), da sempre caratterizzata da rispondenze reciproche. Queste “conoscenze”, se esplicitate e rese utilizzabili, non solo possono essere di aiuto ai familiari per padroneggiare meglio la loro difficile situazione, ma possono fornire interessanti ipotesi di ricerca per comprendere la soggettività dell’anziano demente ed il funzionamento del suo apparato psichico. Pertanto si verifica l‘assoluta necessità di investire nella formazione dei familiari, sottolinea Ulrich Seitz.

Proposta nuova concreta per il gruppo auto-mutuo-aiuto:

L’Associazione Alzheimer Alto Adige ha scelto anche di essere promotore di diverse iniziative del Sente-mente®Modello che realizzerà nuovamente, dopo il successo dell’anno 2019, a partire da settembre 2020,  alcuni nuvoi progetti nel territorio altoatesino.

Il Sente-mente®Project è un modello italiano innovativo per svelare nel dolore della malattia, le opportunità di viverla ed è rovolto alla creazione del ben-essere di tutte le persone coinvolte direttamente o indirettamente in questo percorso di Vita (persone che con-vivono con la demenza, familiari, operatori della Cura e della Relazione, organizzazioni, Amministrazioni Comunali, Associazioni…).

 

Un percorso di dodici incontri in cui i familiari vivranno esperienze e si arricchiranno di semplici strumenti per andare oltre la sofferenza e agli aspetti negativi legati alla malattia, riscoprendo istanti  scoprendo nuove possibilità per ritrovare la capacità di vivere ancora momenti di felicità nonostante la malattia perchè #lavitanonfinisceconladiagnosi. Si tratteranno anche e soprattutto le conseguenze dopo il Lockdown nella Corona Pandemia. Chi si trova in difficoltà e/o vuole migliorare la sua situazione personale, è molto benvenuto da noi, sottolineano l’esperta Anna Gaburri e Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige.

Crediamo che gli incontri con la famiglia siano una importante opportunità per i familiari che vivono un senso di frustrante impotenza, che governa la giornata e il vivere accanto al proprio caro, ricorda Ulrich Seitz.

Al centro dell’impegno di ASAA, dice Seitz saranno gli aspetti relazionali e quelli dell’utilizzazione attiva del tempo da parte della persona in difficoltà, mettendo in atto comportamenti e stimoli che, partendo dalla storia personale dell’anziano, dalle sue competenze e dai suoi interessi ne conservino vigile l’attenzione al mondo circonstante e il desiderio partecipativo sociale.
Questo è fondamentale, ribadisce Seitz per combattere l’abbandono alla malinconia e l’isolamento che portano al rapido decadimento sia mentale che fisico negli anziani, ma non solo negli anziani.

ASAA offre un servizio molto importante: consulenza gratuita attraverso il numero verde 800660561, operativo tutti i giorni dalle ore 7 alle ore 22.

 

Ulrich Seitz
Presidente Associazione Alzheimer Alto Adige

Da “L’Alto Adige”

Tanti sorrisi e enorme soddisfazione sia per i partecipanti, sia per gli organizzatori del terzo corso di approfondimento per rafforzare la relazione tra chi assiste e persone, affetta da demenza. L’iniziativa, in stretta collaborazione tra l’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA e l’istituto formativo CEDOCS, che ha contribuito con importanti aiuti nell’organizzazione dei vari moduli di 60 ore, è stata interrotta a causa della pandemia del Corona-Virus, ma fortunatamente portata a termine in questi giorni.
Si tratta di un corso per familiari e badanti per imparare a prendersi cura di persone con demenza, ricorda Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA.

Seitz inoltre ribadisce che il corso potrebbe anche intitolarsi “Familiari e badanti formati, famiglie più sicure”

Le giornate dedicate alla formazione, sono state divise per specifici argomenti: riferimenti giuridici,  patologie dell’anziano e demenza,  lavoro di cura e assistenza in casa, tecniche di mobilizzazione, l’alimentazione dell’anziano, primo soccorso,  supporti all’invalidità,  problematiche psicologiche e del caregiver.

Un impegno molto difficile:  Un lavoro non facile, quello dell’assistenza a domicilio, e che spesso, „soprattutto nella fase terminale della malattia”, comporta per gli interessati di trovarsi a dover affrontare una serie di problematiche difficili, „commettendo errori che fanno male al paziente ma anche se stessi, anche a livello umano“. E non si può non considerare, che spesso questo viene svolto da persone alla prima esperienza, quindi senza nessuna competenza. Invece il lavoro di assistenza è fondamentale, sia per fare stare meglio il malato che per risparmiare l’uso e il consumo di farmaci, per la riduzione dell’accesso al pronto soccorso e, inoltre, per un ritardo dell’istituzionalizzazione. Scopo delle nostre iniziative per la popolazione è, quindi, quello di dare alcune informazioni indispensabili per migliorare la qualità della vita dei pazienti e anche di chi vive accanto a loro.

Alcuni dei corsisti del Corso per familiari e badanti e Ulrich Seitz, Presidente ASAA (penultimo alla destra)

E le adesioni non mancano: siamo “stati sollecitati anche dagli stessi badanti”, spiega Seitz, a istituire ulteriori corsi e, contrariamente a quanto si può pensare, le adesioni riguardano metà stranieri e metà altoatestini. Spesso i lavoratori stessi si rendono conto delle loro carenze o hanno avuto delle esperienze di lavoro complicate, perché lavorare con persone affette da demenza è piuttosto complicato, soprattutto all’inizio.  I riscontri positivi arrivati dai partecipanti ai corsi precedenti, che  ci hanno dato la spinta a proseguire.

I familiari che assistono i malati hanno esigenze e desideri specifici; sono loro i veri esperti dei loro bisogni. Devono essere rispettati e i servizi devono essere vari e flessibili per tener conto delle differenti situazioni individuali. I servizi devono anche considerare che i bisogni cambiano con il progredire della malattia. Le associazioni Alzheimer sono in una posizione privilegiata per fornire auto ai familiari e per fare pressione sui politici affinché siano colmate le lacune nei servizi pubblici di assistenza. La ricerca in questo campo è una componente chiave per contribuire a mantenere al miglior livello possibile la vita del malato e di chi lo assiste, sottolinea l’Associazione Alzheimer Alto Adige.

Abbiamo tanti cantieri aperti nella nostra Provincia: “I tempi di attesa per visite specialistiche necessarie sono alle stelle”. Sono migliaia di persone con disturbi, collegabili ad una forma di demenza, che allo stato attuale sono in attesa per visite specialistiche nei nostri ospedali altoatesini (si tratta ad esempio di cittadini in lista per esami/controlli in Geriatria, Neurologia, Riabilitazione fisica, Servizio Psicologico, Medicina ecc). Si tratta di un dato allarmante e molto preoccupante, anche perché tanti interessati si sono prenotati mesi fa con delle impegnative, probabilmente non più aggiornate, e con piani terapeutici, sicuramente da rivedere, spiega Ulrich Seitz.

Tornando alla situazione di partenza: il Calvario parte quando ad un soggetto viene diagnostico l’Alzheimer lo conoscono bene le famiglie che hanno un familiare ammalato. Con storie e sofferenze psichiche che spesso annientano il coniuge o i figli che se ne prendono cura prima ancora che a cedere sia il paziente. La situazione nella nostra Provincia è carente per strutture (solo pochi posti disponibili nei centri diurni di tutto l’Alto Adige e lunghe attese per i ricoveri in Rsa) e per tempi. Con una situazione a macchia di leopardo in termini di efficienza dei servizi. Ci sono casi in cui bisogna attendere fra quattro e sei mesi per avere la diagnosi dall’Unità di valutazione Alzheimer e picchi che arrivano a due due anni per la valutazione da parte dell’Unità di valutazione geriatrica, quella che dovrebbe poi assicurare sostegno con servizi che si rivelano preziosissimi per le famiglie. E poi manca un piano provinciale alla demenza, che ci è stato promesso dall’anno 2016.

In molti casi, quando la situazione appare non più gestibile, anche il malato di Alzheimer arriva in pronto soccorso, il luogo meno adatto sia per potenzialtà di intervento sanitario sia per costi.

“Ai familiari – chiariscono i collaboratori ASAA –  viene chiesto un doppio sforzo: seguire e gestire il proprio caro in tutti i compiti e le attività quotidiane, cercando di stimolarlo e rinforzarlo senza però sostituirsi troppo a lui e allo stesso tempo sostenerne anche il mondo emotivo, affettivo e relazionale.

 

 

Nuova legge provinciale per le misure di contenimento della diffusione  del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività

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