Sente-mente® Caffè
Cosa rende speciale il sapore di un Caffè?
Nei Sente-Mente® Caffè si incontrano le persone che vivono con la demenza insieme ai loro famigliari e carepartner per costruire ponti di relazione possibile rispetto all’esperienza di vita quotidiana. Due incontri dedicati alle famiglie che desiderano vivere esperienze insieme ai propri cari che vivono con la demenza e scoprire il sapore di emozioni, di nuove opportunità capaci di creare una connessione speciale ed una relazione sempre possibile in ogni istante di vita che pulsa oltre la diagnosi e che si nutre di “un sentire” reciproco nel qui ed ora.
IMPORTANTE!
Tutti gli interessati sono pregati di iscriversi per motivi di sicurezza e per le disposizioni Covid anticipatamente presso ASAA entro e non oltre il 18.8 per il primo appuntamento ed entro il 25.8 per il secondo appuntamento.
Incontri in lingua italiana presso la sede ASAA
Casa Altmann, Piazza Gries 18, 39100 Bolzano
AGOSTO 2020
Mercoledì 19 ore 16:00 – 19:00
Mercoledì 26 ore 16:00 – 17:30
Per maggiori informazioni:
info@asaa.it
anna.gaburri@gmail.com
Felicitatrice Sente-Mente®
https://m.youtube.com/playlist?list=PLTubVKcYYTHcW5cjt7LVEZoUunSVRgUlP
Isolamento e Wandering: una coesistenza possibile?
L’emergenza COVID-19 sta mettendo alla prova il nostro paese ed, in particolar modo, le famiglie che si trovano a far coesistere misure restrittive, come l’isolamento, con i comportamenti speciali del proprio caro che vive con la Demenza.
Tra i comportamenti unici delle persone con Demenza, uno in particolare, in questo delicato frangente, rischia di far rompere gli equilibri e la serenità familiare: sto parlando del wandering o vagabondaggio.
La comunità scientifica definisce il vagabondaggio come un disturbo, in particolare un disturbo del comportamento della persona che convive con la Demenza; il modello sociosanitario ed organizzativo Sente-Mente®, dove la medicina vede un “problema”, sceglie di cogliere invece una opportunità. L’opportunità di dare a questa manifestazione una lettura diversa, che profuma di attenzione, ascolto, rispetto verso la persona con Demenza e la sua storia di vita.
Quando la persona che convive con la Demenza, a causa delle sue difficoltà cognitive, non è più in grado di comunicare e far fronte in maniera efficace ai propri bisogni e desideri, le parole che non è più in grado di pronunciare si trasformano in atti, in comportamenti.
Il vabondaggio è una delle tante manifestazioni scaturite da “parole” non pronunciate, da esigenze, bisogni e desideri presenti, talvolta impellenti, ma difficilmente trasmissibili. Le manifestazioni comportamentali, il vagabondaggio, sono il linguaggio attraverso il quale la persona ci parla e ci racconta degli stati di piacevolezza o malessere che lo attraversano interiormente.
Teniamo presente che il movimento è un bisogno fondamentale: siamo fatti per muoverci!
Allora cerchiamo le strategie per dare valore al movimento, invece di cercare di bloccarlo o di far stare fermo l’altro (ripetere “stai fermo”, “dove stai andando?”, o “dove vuoi andare”, o sgridare può provocare re-azioni ed emozioni come rabbia, frustrazione, sentirsi ancora di più rinchiuso o sorvegliato)
Connettiamoci al nostro bisogno di muoverci per comprendere il loro!
– quando io esco di casa è perché sto andando a fare la spesa, al lavoro, ad incontrare una persona…le persone con demenza desiderano uscire proprio come lo desideriamo noi, vanno incontro ai loro desideri…ma “noi usciamo” e loro scappano, o sono in wondering questo fa parte dello stigma che si è costruito intorno alle persone che vivono con la demenza e che aumenta la preoccupazione dei familiari, ma anche degli operatori nelle Rsa e dei carepartner.
Proprio come noi, le persone che vivono con demenza si muovono per un motivo e sta a noi cercare di comprenderlo per rispondere al meglio al bisogno o desiderio “nascosto”!
Pensa anche solo al desiderio di alzarti dopo essere stato seduto per un po’ e ai doloretti che il nostro corpo ci fa percepire quando ci dobbiamo rimettere in moto perché abbiamo il desiderio di sgranchirci le ossa facendoci lamentare di essere stati “troppo seduti o fermi”!
Quando il corpo ha tanta energia da incanalare e le facoltà cognitive non sono di supporto, al nostro caro non rimane che..muoversi!
Quando il corpo è stanco, non trova pace e desidera giacere nel posto più caro che abbiamo al mondo chiamato “casa”, al nostro caro non rimane che..muoversi!
Muoversi per raggiungere l’oggetto dei propri desideri, muoversi per vincere la noia, muoversi per esprimere l’impazienza, una emozione impellente etc.
Muoversi può essere una manifestazione di re-azione a modifiche dell’ambiente, delle routine, delle relazioni, delle condizioni fisiche…
Tutte modificazioni che si stanno realizzando in questo periodo di emergenza COVID-19!
Questo camminare incessante, come un linguaggio da interpretare, richiede l’attenzione e la capacità del famigliare di porsi delle domande:
- Il mio caro sta fisicamente bene? Ad esempio: No febbre, no dolori articolari, no afte in bocca etc.
- forse il nostro caro ha bisogno di andare in bagno e dimostra questo bisogno fisiologico attraverso il cammino (muoversi mette in moto anche il nostro intestino!): offrire l’accompagnamento in bagno diventa una occasione anche per lavare le mani e dedicare un massaggio che aiuta la persona a rilassarsi…ma come offrire l’accompagnamento? (…sai…abbiamo fatto colazione da un po’…io ho proprio bisogno di andare in bagno, anche tu magari?…che ne dici se andiamo insieme?)
- Ho modificato o si è modificato qualcosa nell’equilibrio dell’ambiente in cui vive il mio caro? Ad esempio: rumore dei vicini ora sempre presenti in casa, cambiamento di abitudini consolidate etc.
- Qualcosa è cambiato nella routine della nostra relazione o della gestione dell’affetto di altri cari? Ad esempio: minori visite, uso di mascherine, mancato contatto fisico etc.
Attraverso questi spunti, potrebbe sorgere nella mente di qualche famigliare una riflessione importante che possa guidare i loro comportamenti.
Il vagabondaggio, nonostante le restrizioni a cui siamo sottoposti, è una manifestazione comportamentale che non può essere arginata. Essendo uno scarico di energia, il wandering deve trovare accoglimento nonostante la situazione in cui ci troviamo: questo significa che dobbiamo lavorare interiormente e nella pratica per saperlo accogliere.
- il primo punto riguarda le calzature: assicuratevi che il vostro caro abbia ai piedi non ciabatte ma pantofole o calzature sicure, che tengano in sicurezza la caviglia e che gli possano evitare così rovinose cadute.
- Se possedete un cortile privato, in cui la persona che convive con la Demenza possa camminare senza incontrare nessuno (in ottica di evitamento del contagio), sfruttatelo il più possibile. Poco importa se i vicini lo vedranno muoversi ripetutamente, lasciate che il vostro caro possa esprimersi liberamente.
- Se il vostro caro ha invece la necessità di muoversi in casa è necessario predisporre l’ambiente affinché possa farlo in sicurezza.
È importante spostare i mobili che potrebbero essere di intralcio al suo camminare, attenzione ad eventuali specchi/lampade che potrebbe urtare, togliete, se potete, i tappeti affinché non diventino fonte di cadute ed attenzione ad alcuni detergenti per pavimenti che rischiano di rendere il suolo scivoloso.
Se volete potete lasciare tutte le porte aperte affinché il vostro caro possa prendere possesso e farsi spazio nell’ambiente. Al contrario, se una camera non è in sicurezza o non desiderate che venga visitata, ricordatevi di chiudere le porte.
Se presenti, sotto la vostra attenta supervisione, potrete utilizzare anche i perimetri dei balconi: una boccata di aria fresca e qualche raggio di sole sono un toccasana per il vostro caro!
- potrebbe avere sete o fame (allora possiamo proporre un sorso d’acqua o un frutto, preparare insieme una tisana o un caffè); assicurati che la persona rimanga sempre ben idratata ed abbia a disposizione qualcosa da mangiare per evitare un calo delle energie.
- Offritegli dei piacevoli pit stop, non solo per qualche spuntino bensì anche per una piacevole carezza.
- valorizzate la passeggiata in casa: oltre a mettere in sicurezza la camminata (togliere tappeti, oggetti in cui potrebbe inciampare o con cui potrebbe farsi male), allo stesso tempo lasciare dei fuochi di interesse (una foto di famiglia, un quadro con un paesaggio, qualcosa che richiami il lavoro che faceva) e proprio come si farebbe all’esterno, si può passeggiare insieme all’interno osservando e raccontando cosa c’è, cosa si vede allacciandosi all’emozione legata a quel quadro (“è la chiesa dove ci siamo sposati…che emozione quel giorno!…);
parlare della casa e di quanto impegno si è messo per costruirla insieme;
osservare dal balcone o dalla finestra il panorama ascoltando i suoni della natura e, perché no, ascoltando il silenzio;
aprire la finestra e prendere una boccata d’aria respirando profondamente insieme contando fino a 4 mentre inspiro e fino a 4 mentre espiro;
osservare che le strade sono vuote e con calma spiegare perché;
lasciare che la persona possa muoversi ed esplorare l’ambiente, rimanendo seduti in un posto da cui è possibile vedere ciò che fa;
è fondamentale mantenere la propria calma interiore (loro sentono le nostre emozioni e ne sono influenzati);
questo nuovo modo di esplorare gli spazi farà vivere a tutti e due un modo nuovo di vivere la casa evidenziando le cose belle che ci sono!
Se volete comunicare con il vostro caro durante il suo camminare, ponetevi a fianco a lui come se passeggiaste insieme. Se non siete sicuri di essere ascoltati, utilizzate lo sguardo ed il contatto fisico, se gradito, finché il vostro caro vi intercetti. Se necessario, potevi di fronte a lui, ma con estrema attenzione ai modi: dolcezza e delicatezza la fanno da padroni per prevenire reazioni di paura o attacco.
Ponendosi in ascolto di questo speciale comportamento, nascosto tra le pieghe della difficoltà, si potrà cogliere l’opportunità di svelare quanto ancora si cela nel cuore dei nostri cari.
- sperimentare momenti di ascolto della musica a 432Hz facilmente reperibili nei canali YouTube
- porre molta attenzione all’utilizzo della televisione scegliendo i programmi da guardare tenendo ben presente che la persona con demenza può non comprendere a livello cognitivo l’informazione, ma oltre a sentire le emozioni e rispecchiarle, percepisce informazioni visive, suoni e il tono delle comunicazioni che possono scatenare reazioni. É bene scegliere con accuratezza cosa guardare insieme e per brevi momenti.
Sentiamo il carico dell’assistenza durante i momenti di vagabondaggio?
Occorre provare a modificare il punto di vista..
E se provassimo a trasformare la parola Wandering in Wonder-ing?!
La parole “Wonder”, in inglese, significa meraviglia! Stupore! Prodigio!
- Coinvolgere nelle attività domestiche: lasciando dei punti di attrazione come delle tazze al lavandino da poter lavare o una bacinella per lavare un capo della biancheria con la saponetta, preparare sul balcone o in giardino dei vasetti e preparare per seminare delle piantine, o preparare insieme un impasto per fare il pane o la pasta a mano (manipolare un po’ d’acqua e farina, anche se si mette in bocca non fa male…o dei biscotti sbriciolati da mescolare con dello yogurt o ricotta per preparare un dolce), lasciare della biancheria da piegare…
- possiamo scegliere la sua musica preferita e perché no ballare insieme quel walzer che piace tanto, proponendo così un modo diverso e piacevole per muoversi;
- sperimentare momenti di ascolto della musica a 432Hz facilmente reperibili nei canali YouTube
- porre molta attenzione all’utilizzo della televisione scegliendo i programmi da guardare tenendo ben presente che la persona con demenza può non comprendere a livello cognitivo l’informazione, ma oltre a sentire le emozioni e rispecchiarle, percepisce informazioni visive, suoni e il tono delle comunicazioni che possono scatenare reazioni. É bene scegliere con accuratezza cosa guardare insieme e per brevi momenti.
Sentiamo il carico dell’assistenza durante i momenti di vagabondaggio?
Occorre provare a modificare il punto di vista..
E se provassimo a trasformare la parola Wandering in Wonder-ing?!
La parole “Wonder”, in inglese, significa meraviglia! Stupore! Prodigio!
Ad oggi, in Italia tutti siamo “Chiusi”.
A seguito del DCPM atto a fermare il virus, siamo chiusi in casa, chiuse le attività, e non solo commerciali, ma anche i centri diurni o gli Alzheimer café, chiuse alle visite le case di riposo in cui risiedono molti anziani.
Il percorso dei Sente-Mente®Laboratori, nato grazie alla collaborazione con Associazione Alzheimer Alto Adige e dedicato ai familiari delle persone che vivono con la demenza e carepartner tenutosi presso la Casa di Cura Villa Sant’Anna a Merano da novembre 2019 a febbraio 2020, avrebbe dovuto vedere la sua naturale continuazione con l’avvio dei Sente-Mente® Caffè, ma l’inizio degli incontri previsto per la metà di marzo è stato rinviato.
Sfumata nel giro di pochi giorni, anche l’idea dei “Sente-Mente® Caffè a domicilio” che erano stati avviati per “ovviare” alla “sospensione degli eventi pubblici” con l’intenzione della Felicitatrice Anna Gaburri di essere accanto alle famiglie.
Demenza e emergenza Covid-19: un sostegno arriva dal modello Sente-Mente®.
60 milioni di italiani sono alle prese con le misure restrittive anti Covid-19: tra queste molte famiglie di persone che convivono con la Demenza. Impossibilità di sostare accanto ai propri cari ricoverati, impossibilità di raggiungere le case protette se non per via telematica, centri diurni chiusi: queste sono solo alcune delle difficoltà che i carepatners stanno attraversando.
E le persone che convivono con la Demenza?
Difficile per loro capire le ragioni profonde di questo periodo di isolamento, la motivazione per cui la loro routine sta cambiando e non è possibile ricevere l’affetto diretto dei propri cari.
Mai come ora, le persone che convivono con la Demenza e le loro famiglie necessitano di un supporto concreto per sostenere il carico emotivo e consigli preziosi per ristrutturare le loro giornate.
In questo momento di isolamento e immobilità della maggior parte dei servizi alla persona, il modello sociosanitario e organizzativo Sente-Mente®, continua a tutelare il benessere di milioni di famiglie e persone che convivono con la Demenza residenti in tutta Italia. Gli esperti socio-sanitari del Sente-Mente® team, capitanati dalla fondatrice del modello Letizia Espanoli, hanno deciso di restare in prima linea nel supporto alle famiglie in difficoltà, e lo fanno lanciando il progetto #oltreledistanze #noirestiamoaperti. In questo momento, sono già milioni i carepartners che stanno ricevendo quotidianamente brevi video con indicazioni per avere cura di sé, del proprio caro e vivere al meglio la quotidianità. E non è finita qui, per i familiari più tecnologici, saranno sei le dirette facebook a tematica sanitaria ed assistenziale, che verranno trasmesse dal gruppo Facebook “Sente-Mente® per persone che vivono con la demenza ed i loro carepartners”.
Il progetto #oltreledistanze, prevede inoltre la possibilità di partecipare ad incontri individuali on-line prenotabili direttamente all’indirizzo email espanoli.letizia@gmail.com.
La Demenza non si ferma!
“In questo momento delicato dedicato al covid-19, io e il Sente-Mente® team scegliamo anche noi di non fermarci e di restarvi accanto: non siete soli!” questo l’accorato appello lanciato da Letizia Espanoli a tutte le famiglie.
Proprio in questo periodo estremamente difficile per l’intera società e collettività e per colmare il vuoto di informazione nel quale vivono le famiglie, pazienti affetti da demenza, l`Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA informa che si estende il proprio servizio di telefono amico attraverso il numero verde 800660561.
L’Associazione da subito risponde non solo dalle ore 7 alle ore 19, ma a partire dal 12.03.2020 dalle ore 7 alle ore 22, 7 giorni su 7. Questo servizio è indispensabile per fornire consigli pratici, supporto ed aiuto psicologico, consulenze in materia legale, previdenziale, psicologica anche attraverso i canali della comunicazione moderna. Tante domande risultano anche dal fatto che la pubblica amministrazione ha dovuto interrompere una serie di servizi, per le disposizioni di sicurezza sul Corona Virus, da parte del Governo.
Pertano, sottolinea Il Presidente ASAA, Ulrich Seitz si ritiene molto importante, intervenire con il gruppo di auto-mutuo aiuto preparato per i familiari che vogliono accudire i loro cari, ma si trovano in difficoltà. Con il progredire della malattia ed in situazione di stress attuale per la situazione critica in tutto il Paese i familiari devono aiutare nelle funzioni elementari della vita quotidiana: vestirsi, fare il bagno, usare la toilette. Se il familiare non è ancora in pensione, come è il caso di molti, ha spesso difficoltà a conciliare gli impegni di lavoro con l’assistenza. Inoltre viene compromessa la sua vita sociale e praticamente abolito il tempo libero, anche se molte di queste limitazioni sono accettate volontariamente. Comunque i familiari lamentano una mancanza di sostegno e di aiuto da parte di altri membri della famiglia, nonché dei professionisti del settore sanitario e sociale. I familiari stessi, di conseguenza, hanno spesso problemi di salute fisica e mentale dovuti allo stress. La ricerca e l’esperienza evidenziano che esistono possibilità di ridurre questo stress.
Per poter trovare soluzioni praticabili, spesso il colloquio ed il confronto con persone in situazioni analoghe, risulta di grande importanza, sottolinea Ulrich Seitz.
Un’offerta nuova sarà l’invio di newsletter specifiche, redatte dagli esponenti del comitato di esperti dell’Associazione. Le motivazioni sono evidenti: I fallimenti nella ricerca sui farmaci, per quanto riguarda l’Alzheimer, hanno spinto le grandi aziende farmaceutiche a ritirarsi da quest’area di ricerca. Contrariamente alla svolta annunciata da decenni, un principio attivo dopo l’altro è stato ritirato. Quelli che negli studi clinici sono attualmente in fase di test funzionano solo per un gruppo molto piccolo di pazienti e provocano troppi costi e sforzi logistici per i sistemi sanitari.
Nel prossimo futuro quindi, le grandi speranze e aspettative di un ingrediente attivo non saranno purtroppo soddisfatte. L’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità, non si affida a terapie farmacologiche potenzialmente efficaci, ma parla invece nel “Piano d’azione globale demenza 2017-2025” della visione di un mondo in cui … “La demenza può essere prevenuta e le persone affette da demenza e i loro parenti ricevono cure adeguate e supporto per rendere le loro vite il più possibile autodeterminate, rispettose, dignitose ed uguali come prima.” Gli obiettivi sono “Migliorare la qualità della vita e ridurre l’impatto negativo della demenza sulle persone colpite e sulla società “. Le aree di azione, gli obiettivi e le attività della strategia globale sulla demenza dell’OMS definiscono la malattia come un problema sanitario e sociale prioritario. Sono elencate le strategie nazionali sulla demenza, la legislazione adattata e soprattutto i finanziamenti dai bilanci sociali e sanitari. Le iniziative a favore della demenza sono progettate per promuovere la consapevolezza e la sensibilità in questo settore. Le campagne mediatiche su vasta scala hanno lo scopo di offrire al pubblico opportunità per ridurre al minimo il rischio di sviluppare una forma di demenza. Sono necessarie diagnosi sicure e tempestive, così come sarà indispensabile avere personale ben addestrato nel settore sanitario e assistenziale. Il supporto per i parenti attraverso la formazione e l’istruzione nonché la riduzione dello stress nell’assistenza quotidiana dimostrano ancora una volta il fatto che i familiari sostengono comunque la maggior parte della cura. E la spesa per la ricerca dovrebbe essere raddoppiata in tutto il mondo.
L’OMS non si rivolge però direttamente ai malati stessi. Essi sarebbero destinatari delle misure per migliorare la qualità della vita e del sostegno, dovrebbero essere messi in condizione per vivere da autodeterminati, ma finora, esistono soltanto iniziative favorevoli alla demenza, spesso private. Affrontare la malattia e il supporto oltre la terapia medica di accompagnamento e il controllo dei sintomi includono programmi e formazioni per le persone con demenza. Questi sono ancora carenti, cosa che rispetto all’incidenza della malattia, specialmente tra persone giovani, segnala un grande divario nel sistema. Responsabilizzare le persone con demenza attraverso l’empowerment, come è avvenuto nell’area del movimento per la disabilità, richiede diverse offerte. Per una buona vita con la demenza, le persone colpite devono essere incluse. In molti paesi, ciò avviene per impostazione predefinita nei gruppi di lavoro o durante la creazione di campagne, sarà il nostro comune compito, evidenzia Ulrich Seitz. E non dimentichiamo, dice Seitz: troppo spesso, alle persone con demenza viene negata la capacità di parlare da soli, di esprimere desideri e bisogni, di far valere i propri diritti e di affrontare la propria malattia in modo autodeterminato.
Come prendersi cura del malato di demenza
In Italia gli anziani affetti da demenza sono 1 milione e 241 mila, e 70 mila i nuovi casi l’anno. Secondo i dati, l’incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni. I costi di questa emergenza sanitaria e sociale, che già superano in Italia i 37 miliardi di euro l’anno, con il tempo diventeranno insostenibili. Sia per lo Stato, sia per chi ha un malato in casa. In Alto Adige si stimano attualmente 13 000 persone, affette da demenza. Non avendo un osservatorio nella Provincia Autonoma di Bolzano, sarà cura dell’Associazione Alzheimer Alto Adige di muoversi a livello nazionale ed implementare con le proprie forze, accompagnato da un comitato scientifico specifico e formato in materia, una piattaforma con delle rilevazioni corretti annuali, dedicate all’uopo.
L’Assistenza domiciliare è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “la possibilità di fornire presso il domicilio del paziente quei servizi e quegli strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, salute e funzione”.
Il servizio di assistenza domiciliare persegue prioritariamente l’obiettivo di mantenere il più possibile le persone non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti nel proprio ambiente domestico, in accordo con le scelte delle persone e/o dei familiari di riferimento, valorizzando le risorse, le capacità e l’individualità delle persone nell’ambito di un progetto individualizzato di vita e di cure che privilegia anche, ove possibile, il mantenimento delle relazioni e la partecipazione alle attività sociali della comunità di riferimento. Uno dei fattori emersi dalle analisi effettuate, in questi anni, sulla popolazione esaminata assistita è la grave carenza, quando non la totale mancanza di strutture a copertura ambulatoriale o emergenziale. Questo comporta per molte famiglie la necessità di essere gli unici sostegni al proprio familiare senza supporti strutturati nel breve (emergenze) o nel lungo tempo. Va oltremodo evitato l’approccio al malato nei soli termini di salute/malattia che sono estremamente riduttivi se non fuorvianti; occorre invece avere una visione multidimensionale della Persona stessa e dirigere gli interventi verso il mantenimento, il recupero o la scoperta delle potenzialità ancora presenti, se non del tutto inespresse.
Numerose ricerche italiane ed internazionali in campo psicosociale evidenziano che l’assistenza ai pazienti può provocare gravi disturbi fisici e mentali sia agli operatori che ai familiari. Queste ricerche mostrano, ad esempio, che chi convive con il malato è più riluttante a chiedere aiuto, ma che ha anche più probabilità di essere depresso rispetto ai familiari che non convivono con il paziente, tanto che i familiari conviventi sono stati definiti “le vittime nascoste della demenza” (Tamanza, 1998).Tra l’altro, chi presta assistenza al malato è di solito il coniuge, anche lui anziano, o un suo figlio, più spesso una figlia, a sua volta in un’età particolare: quella involutiva del climaterio, che molti studi evidenziano come la più a rischio per la depressione, a sua volta ritenuta da più parti un fattore di rischio della demenza. Queste osservazioni confermano che è necessario sviluppare strategie preventive a salvaguardia dei familiari e quindi a beneficio delle persone malate da loro assistite, ricorda Ulrich Seitz, Presidente dell’Associazione Alzheimer Alto Adige ASAA.
Ma c’è un secondo motivo, non meno importante, per cui vale la pena di occuparsi dei familiari: essi sono testimoni privilegiati della storia del paziente, ed hanno intrattenuto ed intrattengono con lui, per lo più inconsapevolmente, una relazione di ruolo (il termine “ruolo” si riferisce qui ad un modello di reazione psicosociale e di comportamento atteso o desiderato), da sempre caratterizzata da rispondenze reciproche. Queste “conoscenze”, se esplicitate e rese utilizzabili, non solo possono essere di aiuto ai familiari per padroneggiare meglio la loro difficile situazione, ma possono fornire interessanti ipotesi di ricerca per comprendere la soggettività dell’anziano demente ed il funzionamento del suo apparato psichico. Pertanto si verifica l‘assoluta necessità di investire nella formazione dei familiari, sottolinea Ulrich Seitz,
La terza edizione del corso di qualificazione alle attività di compagnia in favore delle persone affette da demenza è partito a Bolzano con grande successo pochi giorni fa. Il corso in oggetto organizzato in stretta collaborazione tra l’Associazione Alzheimer Alto Adige e CEDCOS, è stato pensato per rispondere ai bisogni dei familiari, e per fornire indicazioni semplici e pratiche per la cura quotidiana del malato di Alzheimer: come comportarsi, cosa fare, dove andare, quando e a chi rivolgersi, i diritti. L’esperienza indica infatti che tra la manifestazione dei primi sintomi di demenza e la diagnosi passano mediamente 2 anni e questa lunga fase di malattia grava completamente sulla famiglia. Ma anche dopo la diagnosi la maggior parte dell’impegno di cura e assistenza ricade sulla famiglia che può contare sull’affiancamento del medico di famiglia, i servizi di cure domiciliari, i centri diurni integrati per anziani o le residenze sanitario assistenziali per anziani.
Siamo certi che questa guida saprà esservi utile sia per il lavoro di cura che svolgete in casa sia per orientarvi verso il miglior utilizzo dei servizi disponibili.
Il progetto prevede l’addestramento dei partecipanti. I corsisti trovano ampio materiale di approfondimento dei contenuti discussi in aula, come sulle tecniche di mobilizzazione, alimentazione, igiene dell’anziano, questioni infermieristiche, sul supporto psciologico e in merito agli aspetti legali. Al termine del corso – prosegue Seitz – il caregiver conoscerà la rete dei Servizi Socio-Sanitari e sarà capace di accedere alle risorse territoriali, saprà identificare i bisogni e le problematiche fisiche, psicologiche, assistenziali e curative del paziente, grazie a conoscenze generali di educazione alimentare, abilità per la cura, l’igiene e il miglioramento dell’ambiente abitativo per favorire indipendenza, sicurezza e qualità di vita dell’anziano».
la cosiddetta terza fase è caratterizzata da una completa dipendenza dagli altri. Le funzioni intellettive sono gravemente compromesse; compaiono difficoltà nel camminare, rigidità degli arti, incontinenza sfinterica; possono verificarsi crisi epilettiche; le espressioni verbali sono ridotte a ripetizioni di parole dette da altri, o ripetizione continua di suoni o gemiti, o addirittura mutismo. Possono manifestarsi comportamenti “infantili”, come portare ogni cosa alla bocca o afferrare qualunque oggetto sia a portata di mano. Spesso il malato si riduce all’immobilità, e la continua costrizione al letto può fare insorgere piaghe da decubito, infezioni respiratorie, urinarie, sistemiche, oltre che contratture muscolari.
Lungo tutto il decorso della malattia, ma soprattutto nelle prime due fasi, sono presenti anche sintomi cosiddetti “non cognitivi”, in varia misura e di diversa gravità: agitazione, irrequietezza, aggressività, ansia, depressione, disinibizione sessuale, apatia, disturbi del sonno; inoltre possono manifestarsi alterazioni del comportamento alimentare (bulimia o anoressia) e disturbi del cammino (aumento patologico dell’attività motoria). Il decorso della malattia è molto influenzato dallo “stile di cura”, sia formale (personale) sia informale (i famigliari). La durata della fase ultima della malattia dipende in maniera drammatica dal “nursing” (igiene, alimentazione, idratazione), potendo durare anche molti anni.
Seitz conclude: “purtroppo l‘Alto Adige è ancora dopo anni senza piano provinciale delle demenze. Per questi pazienti mancano spessp risorse e servizi di cura e assistenza adeguati. A rischio la salute psico-fisica dei familiari che li accudiscono“
Demenza: un convegno giovedi 12 per capire la malattia e per imparare ad affrontare il problema in famiglia
Nella sede dell’associazione Alzheimer di piazza Gries giovedi pomeriggio si terrà un importante convegno dedicato alle demenze. Partecipano eminenti medici ed esperti per avere un quadro sulla malattia della demenza, nelle sue diverse forme, e per andare ad approfondire i risvolti che la malattia si porta dietro anche a livello familiare.
L’organizzazione dell’incontro è curata da CEDOCS, con il supporto della Provincia di Bolzano, Assessorato alla Sanità.
L’apertura del convegno vedrà l’intervento introduttivo dell’assessore comunale Juri Andriollo cui seguirà la direttrice dell’Azienda dei Servizi Sociali, Liliana Di Fede. Sarà poi il Presidente dell’associazione Alzheimer, Ulrich Seitz, a svolgere delle riflessioni di merito sulla situazione locale relativa alle demenze, in particolare di quella conosciuta come Morbo di Alzheimer.
Le relazioni scientifiche al convegno verranno aperte dall’intervento del professor Giuseppe Iannoccari, professore di Scienze Umane all’Università Statale di Milano, Presidente e Direttore scientifico di Assomensana. Iannoccari tratterà nella sua relazione dei meccanismi dell’invecchiamento fisiologico del cervello e del decadimento delle funzioni cognitive ma presenterà anche risultati di ricerche nell’ambito delle neuroscienze che dimostrano come il cervello, opportunamente stimolato, rilasci delle sostanze che consentono alle cellule di mantenersi toniche e longeve più a lungo. Partendo da questi presupposti, negli ultimi anni sono stati messi a punto (da Assomensana in particolare) training cognitivi rivolti alla prevenzione dell’invecchiamento mentale per mantenere ad un livello costante e ottimale l’agilità, la flessibilità e le prestazioni del cervello. Durante la relazione saranno presentati esercizi che coinvolgeranno il pubblico per allenare memoria, attenzione, concentrazione, ragionamento ecc.
Seguirà l’intervento del neurologo dottor Tommaso Bovi, che opera a Verona nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, che tratterà della comprensione del meccanismo patogenetico della malattia, sulle prospettive terapeutiche passate, presenti e future, soffermandosi sui concetti di “causa” e “cura”, che nel caso dell’Alzheimer in particolare sono spesso fonte di confusione.
La terza relazione è stata affidata al dottor Paolo Bovi, già primario neurologo dell’ospedale di Borgo Roma e Verona, che approfondirà l’importanza della diagnosi precoce di decadimento cognitivo su base vascolare basata sia su dati clinici che di laboratorio che, soprattutto, sulla risonanza magnetica la quale è in grado di evidenziare le diverse tipologie di alterazioni vascolari cerebrali, sia ischemiche che emorragiche. Un punto centrale della relazione del dottor Bovi sarà la prevenzione, sia primaria che secondaria, che costituisce un caposaldo dell’agire socio-sanitario.
Interverrà poi la responsabile scientifica Cedocs, Laura Turati, che calerà la propria relazione nella vita e nei problemi che i famigliari delle persone affette da demenza si trovano quotidianamente ad affrontare, indicando loro qualche soluzione per vivere meglio loro stessi e i loro congiunti/assistiti, anche vincendo il pudore che spesso impedisce di parlarne.
Al termine dell’incontro l’Associazione Alzheimer e Cedocs presenteranno la nuova edizione, in partenza a gennaio, del corso per formare persone di assistenza, ma anche famigliari di persone affette da demenza, a svolgere attività di compagnia e di supporto psicologico e comportamentale alle persone malate di demenza, aiutandole a recuperare una dignità di vivere che spesso va perduta.
L’appuntamento è per giovedi 12 dicembre, con inizio alle ore 15 e 30, nella sede dell’associazione Alzheimer di piazza Gries 18.