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Cura della demenza: infezione da circolo vizioso nell’assistenza a domicilio

 

Dal quotidiano “Alto Adige” del 18/01/2022

Circa quattro persone su cinque che hanno bisogno di assistenza sono assistite a casa – prevalentemente da parenti. La Pandemia mette anche a dura prova queste famiglie. Inoltre, non tutte le persone bisognose di cure o i parenti che assistono hanno ricevuto le vaccinazioni di richiamo. Diventa rischioso quando gli assistenti familiari contraggono il virus Corona. Come presidente dell’Associazione Alzheimer dell’Alto Adige (ASAA), ricevo costantemente chiamate da parenti disperati al Numero Verde della nostra Associazione, riferisce Ulrich Seitz. Solo in questi giorni, ci sono circa 100 famiglie che mi hanno raccontato la loro situazione attuale (si presume che circa 1.300 familiari siano attualmente infetti a casa in Alto Adige). Esempi concreti: Tamara G. di Merano è una delle migliaia in Alto Adige: la commessa si prende cura del marito e della madre. È in gran parte da sola. “Mio marito ha un deficit immunitario e la demenza. Non posso chiamare nessuno che mi aiuti a prendermi cura di lui perché ho sempre paura di metterlo in pericolo”, dice. Cristina F. di Vipiteno la pensa allo stesso modo. Suo marito ha una grave demenza e ha bisogno di una supervisione costante. Prima di Corona, frequentava una casa di cura durante il giorno mentre lei andava al lavoro. Poi è arrivata la chiusura, la proposta è stata chiusa. “È stato un primo disastro per me”, dice. Da allora ha cercato di trovare un equilibrio tra l’ufficio a casa e l’assistenza 24 ore su 24.  Ora lo shock: lei è risultata positiva, lui no. Corona significa che gli assistenti familiari devono assumersi sempre più compiti. Eppure molti di loro non avevano quasi mai tempo per se stessi anche prima dello scoppio della pandemia.

 

Ulrich Seitz, presidente di ASAA

Noi come l’Associazione Alzheimer ASAA ci appelliamo ai servizi sanitari e sociali per attivare un sostegno supplementare per i parenti che assistono, soprattutto nella situazione acuta di infezione dei caregiver, sottolinea Seitz. Questo manca ancora completamente in Alto Adige. Il problema si è già aggravato in molte famiglie in alcune parti della Provincia, perché la pressione dall’interno e dall’esterno si accumula rapidamente. Mette il/la badante in difficoltà morale – e apre un circolo vizioso: il/la badante non osa più ammettere quando ha bisogno di aiuto. Il fatto che tali aspettative si traducano anche in obblighi per il badante – il tipico “non volersi arrendere” – è solo una parte del problema. C’è un urgente bisogno di cooperazione tra i servizi pubblici e le associazioni, per esempio con i professionisti in pensione, per aiutare le molte famiglie colpite nel paese, anche perché non ci sono quasi posti per l’assistenza a breve termine o altre soluzioni nelle istituzioni socio-sanitarie. Inoltre, secondo un’analisi dell’Associazione Alzheimer dell’Alto Adige SAA, attualmente in Alto Adige c’è una carenza di circa 850 badanti che non sono più tornate dall’inizio della pandemia nel 2020.